Anche
se in ritardo rispetto agli altri paesi occidentali, anche in Italia
si sta diffondendo la consapevolezza di quanto sia strategico
investire a livello di politiche economiche e pubbliche su una
mobilità alternativa alle auto.
Il modello con cui abbiamo pensato la nostra viabilità e riprogettato le nostre città ridisegnate sull’auto, condizionando le nostre abitudini e le nostre relazioni sociali, sta entrando in crisi proprio a causa dei suoi stessi limiti: la saturazione del mercato dell’automobile, l’aumento dei prezzi dei carburanti, l’incidentalità e la congestione stradale, gli impatti ambientali, la qualità dell’aria e della vivibilità degli spazi e del territorio ci costringono a riflettere.
Si comincia a riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni e sui “costi nascosti” o in termini di teoria economica, sulle “esternalità” dei nostri comportamenti.
Negli Stati Uniti la chiamano “bikenomics”, per indicare un concetto che mette insieme la parola bike e Economics, come riflessione che possa coniugare al meglio il concetto di Green Economy: il suo scopo? Calcolare gli effetti ma soprattutto il ritorno d’investimento della ciclabilità, soprattutto in termine di politiche economiche pubbliche.
Usare la bici genera 200 miliardi di euro di benefici economici in Europa in base a uno studio condotto dalle European Cyclist’ Federation (Ecf): riduzione dei costi sanitari di circa 110 miliardi di euro, 24 miliardi di euro di risparmio per la riduzione del traffico urbano.
Diminuendo il ricorso al petrolio, inoltre, si mette da parte una cifra fra 3 e 6 miliardi di euro.
Inoltre, si diminuisce l’inquinamento atmosferico e sonoro con benefici calcolati in poco più di un miliardo di euro. Ma oltre al risparmio c’è la crescita, perché il cicloturismo nell’Unione europea vale 44 miliardi di euro.
La ricerca potrebbe dare alle istituzioni uno stimolo in più per aprire i cordoni della borsa per migliorare la circolazione in bicicletta. Il ritorno è rilevante: nell’Unione Europea sono investiti in media 5-6 euro per cittadino a favore delle due ruote, ma il beneficio economico ricavato è di 400 euro pro capite. Con ogni euro speso se ne guadagnano 70.
Anche a livello individuale l’uso della bicicletta potrebbe essere economicamente vantaggioso: il risparmio individuale con un completo abbandono dell’autovettura è di 4.850 euro. Tra l’altro, si stima che il 50% degli spostamenti in auto si effettua per tratte inferiori a 5 chilometri che possono, quindi, essere coperte in bici.
La bicicletta è un’opportunità economica e culturale strategica per il nostro Paese, infatti ogni euro investito in ciclabilità produce un ritorno economico che si moltiplica per 70 volte. Lo dimostra un recente studio di ECF la Federazione dei ciclisti europei”, secondo il quale valore economico generato dall’uso della bicicletta nei paesi dell’EU-27 supera i 200 miliardi euro, una cifra analoga al PIL della Danimarca.
In che modo? E proprio la riflessione sulle esternalità dei nostri investimenti pubblici diventa centrale. La voce più consistente, infatti, è rappresentata dai risparmi in termini sanitari, grazie al miglioramento della qualità della vita, grazie a comportamenti e stili di vita meno sedentari, alla diminuzione dell’inquinamento atmosferico e infine alla diminuzione della incidentalità stradale.
Un altro dato è rappresentato dal problema della congestione stradale. Stando alle cifre riportate nel “Libro bianco sui trasporti” di Confcommercio redatto lo scorso anno, il nostro Paese spreca ogni anno a causa del traffico, risorse per 50 miliardi di euro: i costi di una manovra finanziaria importante, anche perchè l’Italia è prima in Europa nel rapporto abitanti/numero di auto: 61 ogni 100 abitanti contro le 51 della Germania e una media europea di 47.
I costi sociali dell’auto sono stati calcolati da Udo Becker, docente di Ecologia dei trasporti all’Università di Dresda, e stimati a pari a 1.600 euro per ogni auto.
Basterebbe qualche politica disincentivante sulla seconda auto per dirottare risorse importanti in mobilità sostenibile che oltre a non avere sostanziali impatti ambientali, favorisce anche la salute e il benessere psico-fisico. Secondo gli studi dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità):
“L’inattività fisica è un fattore di rischio primario per la salute in Europa, tanto da causare un milione di morti l’anno e la bicicletta è uno strumento formidabile per favorire la mobilità attiva visto che consente, se utilizzata ogni giorno, di integrare l’attività fisica nella vita di tutti i giorni”.
Il modello con cui abbiamo pensato la nostra viabilità e riprogettato le nostre città ridisegnate sull’auto, condizionando le nostre abitudini e le nostre relazioni sociali, sta entrando in crisi proprio a causa dei suoi stessi limiti: la saturazione del mercato dell’automobile, l’aumento dei prezzi dei carburanti, l’incidentalità e la congestione stradale, gli impatti ambientali, la qualità dell’aria e della vivibilità degli spazi e del territorio ci costringono a riflettere.
Si comincia a riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni e sui “costi nascosti” o in termini di teoria economica, sulle “esternalità” dei nostri comportamenti.
Negli Stati Uniti la chiamano “bikenomics”, per indicare un concetto che mette insieme la parola bike e Economics, come riflessione che possa coniugare al meglio il concetto di Green Economy: il suo scopo? Calcolare gli effetti ma soprattutto il ritorno d’investimento della ciclabilità, soprattutto in termine di politiche economiche pubbliche.
Usare la bici genera 200 miliardi di euro di benefici economici in Europa in base a uno studio condotto dalle European Cyclist’ Federation (Ecf): riduzione dei costi sanitari di circa 110 miliardi di euro, 24 miliardi di euro di risparmio per la riduzione del traffico urbano.
Diminuendo il ricorso al petrolio, inoltre, si mette da parte una cifra fra 3 e 6 miliardi di euro.
Inoltre, si diminuisce l’inquinamento atmosferico e sonoro con benefici calcolati in poco più di un miliardo di euro. Ma oltre al risparmio c’è la crescita, perché il cicloturismo nell’Unione europea vale 44 miliardi di euro.
La ricerca potrebbe dare alle istituzioni uno stimolo in più per aprire i cordoni della borsa per migliorare la circolazione in bicicletta. Il ritorno è rilevante: nell’Unione Europea sono investiti in media 5-6 euro per cittadino a favore delle due ruote, ma il beneficio economico ricavato è di 400 euro pro capite. Con ogni euro speso se ne guadagnano 70.
Anche a livello individuale l’uso della bicicletta potrebbe essere economicamente vantaggioso: il risparmio individuale con un completo abbandono dell’autovettura è di 4.850 euro. Tra l’altro, si stima che il 50% degli spostamenti in auto si effettua per tratte inferiori a 5 chilometri che possono, quindi, essere coperte in bici.
La bicicletta è un’opportunità economica e culturale strategica per il nostro Paese, infatti ogni euro investito in ciclabilità produce un ritorno economico che si moltiplica per 70 volte. Lo dimostra un recente studio di ECF la Federazione dei ciclisti europei”, secondo il quale valore economico generato dall’uso della bicicletta nei paesi dell’EU-27 supera i 200 miliardi euro, una cifra analoga al PIL della Danimarca.
In che modo? E proprio la riflessione sulle esternalità dei nostri investimenti pubblici diventa centrale. La voce più consistente, infatti, è rappresentata dai risparmi in termini sanitari, grazie al miglioramento della qualità della vita, grazie a comportamenti e stili di vita meno sedentari, alla diminuzione dell’inquinamento atmosferico e infine alla diminuzione della incidentalità stradale.
Un altro dato è rappresentato dal problema della congestione stradale. Stando alle cifre riportate nel “Libro bianco sui trasporti” di Confcommercio redatto lo scorso anno, il nostro Paese spreca ogni anno a causa del traffico, risorse per 50 miliardi di euro: i costi di una manovra finanziaria importante, anche perchè l’Italia è prima in Europa nel rapporto abitanti/numero di auto: 61 ogni 100 abitanti contro le 51 della Germania e una media europea di 47.
I costi sociali dell’auto sono stati calcolati da Udo Becker, docente di Ecologia dei trasporti all’Università di Dresda, e stimati a pari a 1.600 euro per ogni auto.
Basterebbe qualche politica disincentivante sulla seconda auto per dirottare risorse importanti in mobilità sostenibile che oltre a non avere sostanziali impatti ambientali, favorisce anche la salute e il benessere psico-fisico. Secondo gli studi dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità):
“L’inattività fisica è un fattore di rischio primario per la salute in Europa, tanto da causare un milione di morti l’anno e la bicicletta è uno strumento formidabile per favorire la mobilità attiva visto che consente, se utilizzata ogni giorno, di integrare l’attività fisica nella vita di tutti i giorni”.
Ma
in chiave di bikonomics non si tratta solo di quantificare i risparmi
possibili. Politiche pubbliche che investono sulla bicicletta possono
creare ricchezza.
“Il fatturato industriale del settore cicli in Italia è di circa un miliardo di euro. Conta circa 650 aziende, 12.000 persone impiegate, ma soprattutto una tradizione che ci vede primeggiare in Europa, assieme alla Germania, sia come produttori” che come assemblatori di bici” (Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo di Confindustria Ancma).
Il nostro problema è che vendiamo solo 2,8 bici ogni 100 abitanti contro le 8 della Germania e le 11 di Olanda e Danimarca, probabilmente a causa di politiche pubbliche che non incentivano l’uso di una mobilità ciclistica, dato che Germania e Danimarca sono tra i paesi più avanzati per ciclovie e incentivi all’uso della bici.
Un altro fattore e, forse, quello che in chiave di Green Economy potrebbe essere più strategico per il nostro paese e per il nostro territorio, è rappresentato dal cicloturismo.
L’Italia è favorita sia dal punto di vista geografico che da quello paesaggistico e climatico: siamo il Paese dei tanti piccoli borghi e delle città d’arte colme di bellezze e punti di interesse culturali, naturali, gastronomici. Se approfittassimo di queste opportunità mettendole a sistema, saremmo in grado di far impallidire il giro d’affari dei tedeschi che si aggira attorno ai 12 miliardi di euro all’anno.
Il Monferrato è uno dei territori che meglio si presta in quest’ottica: attrattive naturalistiche in un territorio paesaggistico unico e dalle pendenze dolci e accessibili (il paesaggio di vitigni è candidato alla tutela Unesco) a tutti, all’interno di testimonianze storiche eccezionali (i castelli medievali, le case di tufo e di cantoni) percorsi di fede e di arte religiosa (Crea ma anche le pievi romaniche) potenzialità enogastronomiche tradizionalmente riconosciute).
Stando a uno studio della provincia di Trento sarebbero 80 milioni di euro l’anno le
ricadute da cicloturismo nel proprio territorio, e sono cifre che potrebbero essere raggiunte anche nel Monferrato.
Il cicloturismo è, per il nostro Paese e per il Monferrato potrebbe diventarlo, un potente incoming di turisti stranieri, cosa che permetterebbe lo sviluppo di una rete economicamente più redditizia di quella odierna, di strutture ricettive (bed and breakfast, aziende agrituristiche, bike and breakfast, ma anche più semplicemente il rilancio della ristorazione di collina un tempo florida attrattiva di un turismo enogastronomico domenicale).
A riprova i dati di Girolibero, tour operator specializzato in viaggi in bicicletta che in 10 anni è passato da 2 a 42 dipendenti, e che nel 2012 ha organizzato viaggi in bicicletta per 15.000 persone.
Ripartire dalla bicicletta significa dunque mettere in movimento l’economia dei territori. Ad esempio realizzando infrastrutture.
Le vie ciclabili, ad esempio, sono a più alta intensità di manodopera delle cosiddette grandi opere (studio della University of Massachusetts è giunto infatti alla conclusione che progetti di infrastrutture ciclabili e pedonali creano il 46% di posti di lavoro in più rispetto a progetti realizzati esclusivamente per le auto).
“Il fatturato industriale del settore cicli in Italia è di circa un miliardo di euro. Conta circa 650 aziende, 12.000 persone impiegate, ma soprattutto una tradizione che ci vede primeggiare in Europa, assieme alla Germania, sia come produttori” che come assemblatori di bici” (Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo di Confindustria Ancma).
Il nostro problema è che vendiamo solo 2,8 bici ogni 100 abitanti contro le 8 della Germania e le 11 di Olanda e Danimarca, probabilmente a causa di politiche pubbliche che non incentivano l’uso di una mobilità ciclistica, dato che Germania e Danimarca sono tra i paesi più avanzati per ciclovie e incentivi all’uso della bici.
Un altro fattore e, forse, quello che in chiave di Green Economy potrebbe essere più strategico per il nostro paese e per il nostro territorio, è rappresentato dal cicloturismo.
L’Italia è favorita sia dal punto di vista geografico che da quello paesaggistico e climatico: siamo il Paese dei tanti piccoli borghi e delle città d’arte colme di bellezze e punti di interesse culturali, naturali, gastronomici. Se approfittassimo di queste opportunità mettendole a sistema, saremmo in grado di far impallidire il giro d’affari dei tedeschi che si aggira attorno ai 12 miliardi di euro all’anno.
Il Monferrato è uno dei territori che meglio si presta in quest’ottica: attrattive naturalistiche in un territorio paesaggistico unico e dalle pendenze dolci e accessibili (il paesaggio di vitigni è candidato alla tutela Unesco) a tutti, all’interno di testimonianze storiche eccezionali (i castelli medievali, le case di tufo e di cantoni) percorsi di fede e di arte religiosa (Crea ma anche le pievi romaniche) potenzialità enogastronomiche tradizionalmente riconosciute).
Stando a uno studio della provincia di Trento sarebbero 80 milioni di euro l’anno le
ricadute da cicloturismo nel proprio territorio, e sono cifre che potrebbero essere raggiunte anche nel Monferrato.
Il cicloturismo è, per il nostro Paese e per il Monferrato potrebbe diventarlo, un potente incoming di turisti stranieri, cosa che permetterebbe lo sviluppo di una rete economicamente più redditizia di quella odierna, di strutture ricettive (bed and breakfast, aziende agrituristiche, bike and breakfast, ma anche più semplicemente il rilancio della ristorazione di collina un tempo florida attrattiva di un turismo enogastronomico domenicale).
A riprova i dati di Girolibero, tour operator specializzato in viaggi in bicicletta che in 10 anni è passato da 2 a 42 dipendenti, e che nel 2012 ha organizzato viaggi in bicicletta per 15.000 persone.
Ripartire dalla bicicletta significa dunque mettere in movimento l’economia dei territori. Ad esempio realizzando infrastrutture.
Le vie ciclabili, ad esempio, sono a più alta intensità di manodopera delle cosiddette grandi opere (studio della University of Massachusetts è giunto infatti alla conclusione che progetti di infrastrutture ciclabili e pedonali creano il 46% di posti di lavoro in più rispetto a progetti realizzati esclusivamente per le auto).